testata camel

Mio papà fotografava i pesci come io fotografo i pomodori. È forse un modo di rendere più duraturo l’effimero delle cose della natura, le cose che coltiviamo o raccogliamo o catturiamo. Si vede che vogliamo dare una forma di permanenza agli oggetti prima del processo di incorporazione: tranquillo mi fermo qui, non voglio fare un trattato ma solo notare questa somiglianza. Io fotografo i pomodori e le verzure del mio orto cittadino, se vai indietro su facebook e sul blog, su instagram e nei backup dei miei telefoni puoi vedere le annate precedenti, centinaia di scatti con le più diverse inquadrature per valorizzare al meglio i soggetti: da quando ho cominciato a coltivare mi sono divertita a creare queste belle nature morte e a mostrarle in giro, proprio come faceva mio padre con i pesci. Abbiamo abbinato due passatempi: lui prima pescava e poi fotografava - o si faceva fotografare, non importa - poi sviluppava e stampava le foto nel suo laboratorio amatoriale, aveva un ingranditore di tutto rispetto e credo sia questo il motivo per cui così tante foto dall’apparenza effimera sono arrivate fino a noi. Senza contare che in questo modo si rende più efficace il tipico gesto del pescatore, che con le mani aperte mostra agli amici e colleghi la misura delle prede: con la foto son lì da vedere, son mica vanterie di un bugiardone.
Io coltivo e poi fotografo e scrivo e pubblico un po’ dappertutto, mi diverto con poco, beata me. Se scrivere è il mio gioco preferito, fotografare è il secondo e ha pure una sua bella utilità, visto che uso sempre le mie foto per abbellire i testi da pubblicare.

Come questo esercizio di scrittura sui pesci: è uno dei miei preferiti e volevo metterci una foto significativa, mia o di mio padre e invece di andare da mia mamma a cercarne di nuove ho fatto un bel montaggio di quelle che avevo, alcune le ho già pubblicate, altre sono inedite ma rendono meglio nell’insieme che da sole. Non c'entra niente con il racconto, infatti quelli della foto sono lucci o trote, mio padre era un pescatore d'acqua dolce, ma lo so che piace e attira i miei lettori, ho verificato che i testi con le foto di mio padre vengono letti il 24% di più che quelli senza (scherzo, dai!)

l'occhio del branzino deve essere bianco

L'occhio del branzino deve essere bianco
(racconto per l'esercizio di scrittura EDS colori)

Non sempre i pesci vengono pescati: a volte si possono anche prendere al mercato senza disonore, l’importante è saperli cucinare. Da Giorgio ho imparato anche questo, è proprio un grande e mi ha fatto passare la paura di comprare il pesce: quello pescato lo sai tu che è fresco, ma quello sul banco? Giorgio fa sempre tutto con leggerezza, un sorriso e mezzo bicchiere di bianco ghiacciato, qualsiasi cosa sembra un gioco, non l’ho mai visto perdere la pazienza, soprattutto in vacanza, va detto.
Avevamo comprato una griglia portatile, il barbecue era una vera passione per lui e bisognava inaugurarla, avevamo piazzato uno straccio bagnato a proteggere la poppa della barca a noleggio e tutti quanti aspettavamo affamati la cottura di quei due magnifici branzini che aveva scelto la mattina stessa al mercato di Lavandou.
Il cielo stingeva di rosso, la luce andava calando ma non era ancora sera. Il profumo di elicriso arrivava da terra e si mischiava al rosmarino che aveva usato come pennello per ungere le due bestiole, la brezza tiepida accarezzava i nostri capelli umidi di doccia e il vermentino gelato aveva già accarezzato le nostre gole riarse: si stava in paradiso attendendo la cena.
Ecco il segnale: è pronto, è pronto! tutti in pozzetto intorno al tavolo! Roberto accorreva col piatto di carta per posarci la portata. Ma il piatto era molle, sciagurato si piegava, si inarcava e il branzino si perdeva.
Spetta che ti faccio il replay al rallentatore: sei adulti e due bambine guardano con trepida fiducia la paletta che porta con sé il branzino numero uno e lo deposita nel piatto di carta, Giorgio infila la paletta sotto il pesce numero due, con una semi rotazione del busto il suo braccio destro preciso e sincronizzato in associazione bionica con la paletta lo va a posare insieme a quell’altro sul piatto che Roberto gli porge, il piatto si piega sotto il peso considerevole delle due bestie, si forma uno scivolo, il pesce cotto a puntino deraglia, come un toboga senza pilota slitta dal piatto, schiva il parapetto, dribbla il bordo della barca, si avvicina all’acqua, si immerge e si inabissa.
Silenzio attonito.
Anche le bambine smettono di cicalecciare. Anche i gabbiani smettono di berciare. Anche la risacca smette di risaccare. E’ così che io mi immagino l’attimo prima della fine del mondo: il rimbombo di un silenzio pieno di stupore. Ho avuto modo, in quel lungo momento, di guardare negli occhi di Giorgio e mi ci sono smarrita: erano grandissimi e colmi di incredula meraviglia.
Nessuno osava emettere un fiato. E intanto il branzino andava lentamente giù.
A un tratto il fermo immagine si rianima, tutti si mettono a parlare insieme, tutti si muovono, chi si sporge a guardare giù, chi va a cercare il mezzo marinaio per tentare di agganciare l'evaso, chi saltella battendo le mani: il pesce è scappato! il pesce è scappato!
Niente: polvere alla polvere, mare al mare, la nostra reazione era stata troppo flemmatica e lui aveva preso il largo.
A un osservatore esterno il pasto che aveva seguito tanto concitato aperitivo avrebbe potuto apparire fin troppo calmo e silenzioso, ciascuno guardava nel proprio piatto la magra porzione di pesce, le poche parole sussurrate, passami il sale, lasciavano un’eco muta, come un senso di minaccia. E poi nel solito dopocena in pozzetto la conversazione sobria e misurata non aveva toccato nulla che potesse attenere gli argomenti ittici, i tuffi, il nuoto, il cibo: si è parlato di tennis o si è taciuto con pudore.
Non per la cena andata in bianco ma per lui, mi puoi capire?

Spiegone dell'esercizio di scrittura

Stavolta sarò buona buonissima e ti chiedo solo poche cose e facili, peggio per te. Chiedo uno o più pesci, in qualsiasi senso, vivi o morti, cotti o crudi, metaforici o zodiacali: il pesce non ingrassa e fa diventare più intelligenti, vediamo se è vero. E siccome Aprile è il più crudele dei mesi, ti chiedo anche di scrivere una storia triste, oppure una storia allegra che finisce male. Naturalmente ci metto il bianco, il colore di questo mese. Gabriele tira pure un sospiro di sollievo ma non rilassarti troppo che non finisce qui.
La balena non è un pesce, lo diceva anche Melville, dunque invece di Moby Dick scrivi un testo breve e fulmineo che non sia più lungo di due cartelle.
Quanto è una cartella?
Per convenzione editoriale, una cartella non è una pagina a caso ma si tratta di una misura precisa, cioè 30 righe di 60 caratteri ciascuna, vale a dire in tutto 1800 caratteri o battute. Non 1800 parole, Michelarosa! per carattere si intende ogni segno grafico, le lettere dell'alfabeto, i punti, le virgole, gli a capo. Tutti i programmi di videoscrittura hanno la possibilità di contare i caratteri e anche alcuni blog lo fanno.

Dunque l'esercizio di scrittura dei pesci si riassume così ><((((º>:

scrivi una storia triste
mettici un pesce
mettici il bianco
stai dentro due cartelle (3600 caratteri, puoi contarli qui)
scrivi sul tuo blog e metti un link a tutti gli altri

 

 

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