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ho visto un uomo senza gambeL'altro giorno ho visto un uomo senza gambe e questo non è un saggio sulla disabilità, casomai si parla di disagio e vorrei fosse fiction ma è altro, anche se non so ancora bene cosa.
Ero nella metro rossa, un caso strano perché non la frequento quasi mai, di solito viaggio in gialla. Potrebbe non essere pertinente ma invece lo è perché gli incontri in metropolitana sono spesso ricorrenti anche per chi, come me, non ne fa un uso strettamente pendolare. La gente abita in certi posti e ha l'amica del cuore, la mamma, la sorella in altri e ci va più spesso che altrove, è inutile star lì a spiegare le facilitazioni che si creano: si tende a privilegiare i percorsi abituali senza nemmeno rendersene conto, è rassicurante e fa risparmiare energie mentali, si va col pilota automatico senza doversi riprogrammare.
Insomma ero sulla rossa e l'ho visto arrivare da lontano, eravamo su uno di quei treni nuovi con i vagoni tutti comunicanti. Il convoglio era lunghissimo e nei rettilinei si poteva vedere fino in fondo.
L'uomo non aveva le gambe e nemmeno una carrozzella. Non aveva una tavola con le rotelle come quelle che disegnava Jacovitti, te lo ricordi Coccobill? In quei suoi complicatissimi disegni non mancava mai il mezzo salame con i piedi e l'uomo a rotelle.
Se invece non lo sai te lo dico io chi era Jacovitti: il nonno di Zerocalcare, o un suo progenitore, un capostipite dei fumettisti che oggi sono tanto diffusi e una volta invece stavano sui giornali, quelli bravi o fortunati, sui giornalini gli altri. Ti dico questo perché i fumettisti mi interessano, sto seguendo sul blog di Mozzi le puntate della formazione dei fumettisti, non me ne perdo uno e mi sembra siano mediamente molto più belle delle formazioni degli scrittori e delle scrittrici. Gli insegnanti di lettere, passo.


Questo tizio senza gambe non aveva la tavoletta a rotelle sotto, niente cariola e nemmeno protesi o moncherini. Non aveva niente di niente e questo niente era tenuto insieme con una stoffa, come un sacco legato in vita e forse un po' imbottito sotto, dove appoggiava il busto con uno strano effetto barbapapà, ma in piccolo.
Questo uomo, non dico signore perché gli mancava tutto del signore, aveva anche una mano monca. Nell'altra mano teneva una tavoletta di legno che appoggiava a terra per aiutarsi a venire avanti, infatti muoveva le spalle e il busto in modo da imprimere una rotazione al sacco su cui stava, un po' da una parte e un po' dall'altra, proprio come farebbe chiunque stesse seduto a terra con le gambe sollevate e volesse spostarsi più in là. Probabilmente i glutei li aveva.
Gli altri passeggeri gli davano una moneta, qualcuno anche una banconota. Lui appoggiava la tavoletta e allungava la mano, la prendeva e se la metteva direttamente in tasca, poi ringraziava con una voce artificiale che gli usciva all'altezza dello stomaco da un qualche tipo di altoparlante o amplificatore nascosto sotto la camicia, probabilmente gli erano state asportate le corde vocali.
La testa era normale.
Mi sono domandata cosa poteva essergli capitato per diventare così, e come mai gli toccava strisciare lungo i vagoni della metropolitana per guadagnarsi da vivere e dove la trovava la voglia. Avrà anche raccolto più elemosine degli altri storpi che espongono i loro arti rattrappiti arrotolando la tuta per aumentare il raccapriccio, ma forse uno senza gambe, senza una mano e senza voce una piccola pensione di invalidità la potrebbe anche prendere, perfino se non è italiano o non è residente, non è profugo di guerra o non ha pagato i contributo previdenziali.
Siccome sono cinica ma impressionabile, non lo guardavo direttamente ma di riflesso sul vetro e mentre pensavo che avrei scritto di lui, sapevo che qualsiasi cosa sarebbe sembrata fiction perché lui stesso era così eccessivo da non sembrare vero. Non so perché mi è venuto in mente David Foster Wallace, ho pensato che avrebbe potuto scappar fuori da uno dei racconti della Ragazza dai capelli strani. E' vero che anche Carver comincia un racconto con un uomo che aveva due uncini al posto delle mani e voleva fotografare la casa del protagonista, chissà se era stato ispirato da un fatto vero, come in Cattedrale con la storia del cieco amico di sua moglie o se si trattava di una situazione puramente simbolica come la gamba di Flannery O'Connor. Certo è che nella scrittura non si può mica esagerare come ha fatto questo tizio, questo qui era era veramente troppo manchevole, quasi grottesco.
Mi sono immaginata la sua casa come poteva essere, ammesso che ne abbia una e che viva solo, avrà dovuto far segare le gambe al tavolo e invece delle sedie avrà dei cuscini e tutti i mobili bassi, il fornello appoggiato a terra come in campeggio e i piatti li avrà lavati nel bidet.
Qui mi sono fermata perché non ho voluto immaginare oltre.

 

Qualche giorno dopo ho visto un uomo senza naso. Ero sul quattordici e stavo quasi per scendere a Duomo quando mi è passato davanti. Aveva un grosso cerotto sulla faccia, proprio lì dove avrebbe dovuto esserci il naso. Il cerotto era grande, l'ho già detto?, un po' più chiaro della pelle e aveva tanti buchini in fila a quadretti. L'uomo era biondo tendente al rosso, aveva un ciuffo di capelli lisci sulla fronte bassa, orecchie normali, due, occhi azzurri con ciglia trasparenti, due anche quelli e sopracciglia sottili. Portava una giacca piedipull o pied-de-poule marroncina verdina beigina in tinta con il suo colorito giallognolo. Aveva labbra sottili e mento sfuggente, pomo d'adamo notevole che sporgeva sopra il colletto della camicia, bianca.
Io stavo parlando al telefono quando mi è passato davanti e l'ho visto, prima di fronte e poi, man mano che procedeva verso l'uscita, di tre quarti. Quindi è arrivato alla mia altezza e mi ha mostrato il profilo. Il profilo di un uomo senza naso è piatto, anche se c'è un cerotto questa assenza salta all'occhio. Avrebbe potuto metterci un po' di garza per fare una montagnetta, una protesi, che so, una sella d'osso, una protuberanza vicaria per tenere il posto, un pezzo di legno o di plastica incollato col cerotto. E invece no, se ne andava in giro con quel buco invisibile a spargere orrore tra i passeggeri, tutti sveltissimi a guardare da un'altra pare, gli occhi a flipper su qualsiasi soggetto piuttosto che.

 

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