testata camel

Questo era un eds di it.arti.scrivere promosso da Fabrizio Patriarca, un giovanotto che successivamente ha pubblicato anche qualche libro. Aveva cominciato la serie descrivendo vari tipi di fidanzata, altre han continuato parlando male dei fidanzati, io ho fatto la mia parte con questo e qualcuno, a seguire, ha detto tutto sui mariti delle altre...

Il marito (Maritus coniugalis coniugatus) discende direttamente dalle scimmie senza passare per Lucy, e questo lo può facilmente postulare qualsiasi moglie guardandone uno alla mattina presto prima del caffè.

Esistono due specie distinte di mariti: i mariti propri (Maritus coniugatus) e i mariti delle altre (Maritus efficientissimus), di cui si hanno notizie solo per sentito dire o per averli visti al supermercato guidare carrelli stracolmi con amorevole premura. In questa trattazione mi occuperò principalmente dei mariti propri, di cui posso produrre documentazione certa e ampia letteratura.

Esco in terrazzo. Non sono propriamente irritata. C'e' in fondo in fondo una piccola malinconia latente, che non so ne' voglio definire. Paturnie.
Guardare le mie foglie fumando una sigaretta, ecco quello che ci vuole.
Ci sarebbe da piantare l'ortensia nuova, che ho comprato ieri al lago. E' gia' fiorita, pompata di concimi chimici e calore di serra. Azzurro chiaro tendente al bianco. Ci scommetto che poi diventera' rosa, come le altre. Non riesco mai ad avere ortensie del preciso colore che vorrei. Non importa, va bene anche cosi'.
No, non adesso. Sono vestita da ufficio, e non ho voglia di andare a prendere i guanti. Daro' solo un'occhiata in giro. Magari tolgo qualche rametto secco. O strappo le erbacce, per fare posto alla nuova venuta.
I mughetti sono tutti aperti, ci immergo il naso e respiro. Funzionano ancora, funzionano sempre, ogni anno rinascono, e io non devo far altro che stare a guardare, incredula. Sono gli stessi che annusavo da bambina sul balcone di mia nonna. Lo stesso vaso, una zolla compatta piena di bulbi. I mughetti di mia nonna funzionano ancora, e hanno piu' di vent'anni, forse trenta.
L'ortensia pero' e' un po' moscia, se non la trapianto dovrei bagnarla, ma se l'annaffio poi faro' piu' fatica a staccare la zolla dal vaso.
No, magari piu' tardi. Non basta fare il buco con la paletta, devo anche sradicare quella mezza morta che c'era prima. Provo a tirare il cespuglio, ma e' saldo, non vuole. Tolgo fili d'erba verde pallido e altri teneri arboscelli indesiderati, che sono qui per soffocare la mia ortensia, per rubarle spazio, acqua e nutrimento. Cavo via la terra con la paletta, tento di circoscrivere la zolla. Resiste caparbia.
Hai capito male, non e' ancora nata la radice che puo' farmi desistere.
Infilo le mani sotto la base e cerco di strappare le diramazioni piu' fini. Appoggio un piede sulla vasca e tiro con tutto il peso, facendo leva, ma solo un rametto si spezza, e per il contraccolpo cado all'indietro, in mezzo alla terra schizzata.
E no eh, cosi' non vale.

mammaMamma tu vieni di qui solo per mangiare mamma mi fai i grattini mamma guardiamo zelig vieni mamma e' gia' cominciato mamma stai con me solo per fare i compiti mamma mi compri la cartuccia del pochemon oro mamma se mi dai diecimila glie li faccio fare io i compiti se mi dai cinquemila li faccio da solo mamma stai un po' con me posso andare a casa di andrea posso alzarmi mamma posso invitare veronica non ci voglio venire a domaso mamma andiamo a domaso mi compri le pile per il gameboy mamma perche' fumi mamma non fumare che ti fa male mamma vieni a vedere la tele con noi mamma cosa si mangia stasera mi dai un po' d'aranciata mamma ho fame mamma sono finiti i fazzoletti di carta
mamma mi porti ai giardini mamma giochi con me?

La prima, quella che non si scorda mai, era una cinquecento blu col tettuccio apribile. La guidavo da sola e non avevo ancora la patente. Andavo di nascosto a trovare il mio fidanzato: punta e tacco, scalavo le marce con la doppietta, e raccoglievo autostoppiste su strade tortuose di montagna.
Non aveva sedili ribaltabili, ma un comodo divanetto per due, dietro.
Aveva il sapore della liberta'.

Questo EDS viene da it.arti.scrivere ma non mi ricordo la data, fai conto che la prima edizione si sia persa nella notte dei tempi a cavallo tra il secolo scorso e quello corrente. Il tema chiedeva un racconto con un po' di erotismo - il mio svolgimento è stato piuttosto inadempiente, va detto.

edit agosto 2017

Perche' quando suoni la chitarra guardi solo me?
Mi sorridi, la testa piegata da un lato, e io sento, e seguo, solo la tua voce in mezzo al coro sgangherato.
Che significa quella fossetta che ti compare all'angolo della bocca quando canti che hai due anime e un sesso
e di ramo duro il cuore? Quella fossetta mi punge come un ago sottile e il pizzichino mi scende giu' in fondo. Senza volerlo mi manca la voce.
Che sciocca. Che c'entra?
Perche' quando canti, e suoni, anche se gli altri urlano e il fuoco si spegne la tua voce e' bassa e calda.
Io la sento, e mi smuove un po' dentro. Che cosa non so bene, pero' mi tenta. Eccome.
Le tue mani sfiorano la pancia della chitarra. Se le guardo mi confondo, e perdo il tempo.
Cosi' resto incollata ai tuoi occhi, il respiro appeso al tuo respiro e le parole che credevo di non sapere escono da sole, abbracciate alle tue, fuse e accordate come un tasto solo.
Ma lo vedo solo io quel riflesso che ti fa baluginare gli occhi quando canti cara amica il tempo prende il tempo dà? Quel bagliore mi abbronza, anzi mi scotta. E la fronte mi bolle. Devo cambiare posizione, stringere le gambe tra le braccia, e la voce mi diventa un filo sottile. Sara' Guccini, o sei tu, quest'effetto strano e piacevole di calore che mi fa rabbrividire?

(Quando le uebcam non erano state ancora inventate...)

Si incontrarono, dopo tre mesi di mail appassionate, di precise raffigurazioni anatomiche, di sbilanciamenti erotico-sentimentali.

Si erano anche scritti -ti amo-.

Ma non si riconobbero, e tirarono dritto.

Mica si puo' dire tutto!

 

Primo appuntamento

(Questo è un racconto pubblicato nel secolo scorso per l'editore Ellin Selae che pure esiste ancora, nato da un esperimento di Fabula.it)

Dopo molti ripensamenti, Jack si decise e spinse la porta a vetri del negozio.
Un uomo di mezza eta', con la faccia divaricata da un ghigno che voleva sembrare cortese, lo osservava da dietro un bancone:
-Buon giorno, posso aiutarla?
-Son venuto per dare una mano
-Molto bene. E in che misura?
-Considerevole, direi.
-Vedo. Si accomodi, prego. Mi segua nel retro.
La stanza era piccola, pulita, ben illuminata.
-Ecco, si sieda e si rilassi. Faremo in un attimo.
La poltrona era morbida, avvolgente. Una musica insipida usciva da diffusori nascosti chissa' dove. Appoggio' le braccia agli appositi sostegni e chiuse gli occhi. Pochi secondi ed era tutto finito.
Rientrarono nel negozio.
-Tenga, e ritorni quando vuole !
-Grazie.
Con il moncherino cercava di tenere fermo il portafoglio contro l'ascella, mentre con l'altra mano inseriva le banconote.
-Scusi, non ci sono ancora abituato.
-S'immagini, e' naturale! Faccia pure con calma.

Ho visto davanti a me come in un sogno la vespa pompilide iniettare il suo
siero dentro al ragno, che resti immobile ma vivo, e deporre il suo uovo
nella carne perchè la larva possa trovare nutrimento a suo bisogno.

E' crudele la vespa che segue la sua natura?

Non lo so, la natura stessa è a volte crudele.

I biologi dicono che la velocità del pensiero umano è normalmente di 230 chilomtri l'ora.

Caro diario, fammi i complimenti perchè modestamente le avevo indovinate quasi tutte:

1) il maestro era tutto vestito di nero

ammetto che non aveva i capelli lucidi di gel e lo sguardo appuntito, però era un simpatico signore che non metteva per niente soggezione, e questo va a suo favore

2) la maestra era un po' cotonata

ammetto che non era rossa ma bionda, però finta eh, e devo confessare che non era nemmeno tanto muscolosa, non aveva la gonna stretch ma un ampio gonnellone che arrivava poco sopra la caviglia. La maestra si poteva facilmente riconoscere dai lustrini che le brillavano sui tacchi delle scarpette a sandalo, nemmeno troppo alti in verità. Peccato che le si vedevano quelle specie di calzini che si mettono quando si vuole far credere di essere senza calze e dovrebbero essere invisibili ma invece le spuntavano sopra il tallone e anche un po' di fianco, considerato che tutti erano lì apposta per guardarle i piedi non passava del tutto inosservata questa imperfezione,

Il maestro è moro, capelli lisci e lucidi di gel, lunghi fino al colletto della camicia nera con le maniche rimboccate. Anche i pantaloni morbidi sono neri e le sue scarpe brillano di luce propria. Ha un bel naso importante e la bocca sottile dalla piega sardonica. Gli occhi neri trafiggono come spilli il gruppo sbilenco di noi aspiranti apprendisti ballerini.
Non tradisce emozione. Dev'essere esperto.

Io invece sono qui che sposto il peso da un piede all'altro e non so dove mettere le mani: opto per le tasche dei jeans neri (almeno il colore l'ho indovinato) e faccio la disinvolta, anzi no, meglio l'aria svagata di quella che pensa che ci faccio io qui?

Chi sono gli altri imbranati? Una ventina, tre quarti sono donne. Sciambula.
Ci faranno ballare tra di noi?

 

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