testata camel

Questo racconto è ancora molto attuale, infatti parla delle chiavi di ricerca, come se avessi potuto prevedere quanto questo argomento mi ecciti oggi che sto studiando per prendere il patentino. E pensare che quella volta nulla sapevo degli strumenti per misurare il valore delle chiavi, men che meno avevo idea che esistesse una densità o un intento di ricerca, essendomi del tutto oscuro il significato di acronimi tipo CPC o KD, quando la serp era soltanto l'ipotesi di una mezza biscia, l'altra metà perduta nel nulla di combinazioni strane e divertenti di termini usati per scrivere i miei testi. La cosa più strana che vi posso raccontare è il fatto che oggi il risultato zero è una cosa bella, mentre a quel tempo non l'avrei mai desiderato per me e per i miei amici. Edit 8 ottobre 2017, la foto di Venezia non c'entra ma l'ho promessa alla Annamaria che mi legge.

Per le chiavi di ricerca si raschia il fondo del barile

Il vecchio proverbio mi è tornato in mente questa mattina, quando ho pensato di dare un'occhiata alle chiavi di ricerca, era un po' che non le controllavo.

Non era proprio un libro intero ma solo un raccontino in una antologia, per pudore in questo post non dico quasi niente, più che altro alludo, la butto là. Comunque finito di stampare nel mese di Aprile 1998. Edit 3 ottobre 2017

Va bene, lo ammetto, questo pezzo era nato per Gianluigi e poi è finito nell'occhio di un coniglio, ma è così che funziona, sai? Si preparano le stoffe e poi si cuciono come è necessario in quel momento lì, si cambiano i nomi, si riadatta, si allunga e si accorcia, si allarga e si stringe, si rivoltano dove sono consumati, si aggiungono nastri e bottoni, un ricamo per nascondere la macchia. La scrittura è anche qusto. edit 1 ottobre 2017

Metto qui altri due studi di personagg, sono meno riusciti di quelli di Gianluigi Radice, si va avanti per tentativi: la scrittura è anche questo. edit 1 ottobre 12017.

A marzo 2010 col post 400 del vecchio blog pubblico lo studio su un personaggio sul quale poi ho lavorato parecchio, ho scritto più versioni diverse, qualcuna è finita anche in lavori di respiro più ampio. Ci aggiungo una curosità: nei commenti che riporto dal vecchio blog, una persona mi chiede se mi può contattare in privato con urgenza: ovviamente gli dico di sì e mi faccio trovare, di certo questo signore è rimasto folgorato dal nitore della mia prosa o in subordine dalla potenza dell'intreccio di questo frammento, chissà cosa vorrà propormi! Te lo immagini?
E invece no, non stava cercando me ma Gianluigi Radice, il mio personaggio di fantasia, il cui nome aveva googlato arrivando al mio blog. E non ci voleva credere, che anche il nome era inventato di sana pianta! Questa sì che è bravura signori miei, metto dei nomi così verosimili ai miei personaggi, che sembrano veri! Edit 1 ottobre 2017

In via San Gregorio, a un passo dalla stazione centrale di Milano, c'è l'Osteria del treno con sala da ballo: colonnine tornite in ghisa reggono una balconata di ferro battuto decorato a motivi liberty e, sotto, una trentina di tavoli rotondi disposti a ferro di cavallo intorno alla pista, su ogni tavolo una doppia tovaglia lunga fino a terra, una candela, un fiore. In fondo il palco rialzato con l'orchestra e un grande pianoforte a coda. Ogni domenica sera alle ventuno e trenta Gianluigi Radice scosta il tendone di velluto rosso, paga il biglietto, dieci euro consumazione inclusa, e occupa il terzo tavolino a sinistra. Poco più tardi andrà verso lo spogliatoio a mettersi le scarpe di vernice che ha portato nella borsa della piscina e rientrerà nella sala con le mani in tasca. A quel punto la serata avrà inizio.

La lettura del primo racconto (Appunti preliminari) della raccolta di Rick Moody The James Dean Garage Band mi ha fatto pensare a cosa sia necessario per caratterizzare bene un personaggio.
Questo racconto è scritto come un diario in prima persona e la storia è molto semplice, quasi banale: la fine di un matrimonio. Tutto il racconto è incentrato sulla caratterizzazione di un personaggio, che è anche il narratore, mentre gli altri restano in ombra. Non succede quasi niente, solo piccoli fatti quotidiani.

Succede a volte che gli scrittori, quando parlano di scrittura, dicano di osservare gli sconosciuti che incontrano nelle situazioni quotidiane per ricavarne ispirazione. Più volte mi è capitato di leggere di qualche scrittore che, facendo finta di niente, origliava le conversazioni dei vicini di tavolino al bar, o in coda alla posta, in tram e così via. Ho provato qualche volta anche io, quando mi ricordavo perché di solito ho la testa tra le nuvole e penso ai fatti miei o più facilmente leggo un libro, ma non ho mai trovato niente di interessante, solo frasi banali trite e ritrite, il festival del luogo comune, la saga dello stereotipo da sfuggire come la peste, tanto per usare un'espressione originale.

Ho riportato questa lista perché non mai più letto così tanto in un tempo così breve e non ho nemmeno frequentato Anobii così assiduamente da poterne tenere il conto. Ammetto che vista da una certa distanza mi sembra un'esibizione muscolare: culturismo più che cultura, se non altro dispongo di sufficienti strumenti autocritici per prendermi un po' in giro da sola. edit 1 ottobre 2017

Raduno qui due post scritti a novembre 2009 così si risparmia spazio, tanto sono uno il seguito dell'altro, va bene così. edit 20 settembre 2017

L'altra sera siamo andati in trattoria. Stavamo sedendoci a tavola quando Paolo mi ha detto: "Ah, il libro di Giulio Mozzi. E' bello."
Bene, ho pensato, domani me lo compro. "Bene" ho detto, "domani me lo compro".

Stavo pensando che si potrebbe fare una specie di mutua dei libri. Un Servizio Culturale Nazionale, tipo che si paga una piccola trattenuta dallo stipendio e poi ci si fa fare la ricetta dal proprio consulente letterario di base, si pagano i due euro di ticket e si vanno a ritirare i libri che servono a star bene, a guarire.

Un altro pezzo tratto dal vecchio blog di Paolo Cognetti, quello su Nova che non esiste più ma di cui posso evocare il fantasma grazie alla macchina del tempo di internet. Dico allenatore perché lui diceva che il nostro laboratorio della Scighera era come una palestra e lui era il nostro coach. Adesso nel 2017 vado in un'altra palestra e i miei coach sono tutte belle ragazze (ciao Virginia!), ma era bello anche quell'altro genere di allenamento.

è possibile insegnare a scrivere?

Da un commento nel blog del mio allenatore:

1) Secondo te è possibile insegnare a scrivere? Se sì, che cosa?

Forse sarebbe meglio chiederci: si può insegnare a fare arte? O al contrario: perché insegniamo a dipingere, a suonare, a recitare, e dubitiamo che si possa insegnare a scrivere, come se lo scrittore dovesse essere l’unico artista autodidatta?

Venerdì scorso sono andata alla presentazione di un libro. Dove sta la novità, dirai tu. Vai sempre alle presentazioni dei libri. Bè, non sempre. E comunque sì, ci vado spesso, e allora? Mi piace incontrare persone a cui piacciono i libri, mi piace sentirne parlare e mi piace anche vedere qualche nuova libreria, se capita. Questa per esempio si chiama Centofiori e ha traslocato da poco in una sede nuova di zecca in piazzale Dateo a tre metri dalla fermata della 92. Ci hanno messo degli scaffali blu lussuosissimi, mi sarebbero piacuti per casa mia. Lo so che non è dagli scaffali che si giudica una libreria, però anche dagli scaffali belli e ben allestiti si può dedurre la cura per i particolari, l'attenzione e la pazienza, l'amore per i libri.

 

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