testata camel

Edit marzo 2018
In questo post si parla di censura: ogni medium, ogni popolo e ogni epoca ha la sua che si riferisce al comune senso del pudore, ma i bot che ne sanno? Dico questo perché sei anni dopo mi trovo per lavoro a gestire la nuova policy dell'ammissione ai post sponsorizzati su Facebook, e i criteri della prima selezione sono diventati curiosamente severissimi a causa della mancanza di buon senso dei bot, che respingono per esempio una foto di un neonato per esposizione della nudità e lasciano passare razzismo, violenza e vilipendio perché non riescono a cogliere l'associazione testo + immagini.

La censura è una cosa strana. Una volta succedeva che mettevano al bando una canzone o un film: vietati. Bè, era il meglio che gli potesse capitare. Quando andavo alle medie c'era Je T'aime,...Moi Non Plus. Caspita, era l'unico disco che avevano tutti, ma proprio tutti eh, non so quanti ne avevano venduti per sta storia della censura, un po' di respiri e qualche frase allusiva in francese, roba da ridere oggi. Qualche anno dopo, il burro dell'Ultimo tango a Parigi: sequestrato e poi riammesso, avevamo dovuto andare un pomeriggio feriale per riuscire a entrare perché le file arrivavano fino a piazza Duomo da corso Vittorio Emanuele.
Leggo sul Mucchio di marzo che pure i cartoni animati e i fumetti giapponesi vengono censurati, ma in un modo del tutto diverso. Per farti capire come, nell'articolo hanno coperto dei pezzi di testo con una riga blu. Oh, li hanno cancellati per davvero, manco con la lente sono riuscita a leggere cosa c'era scritto sotto. Che io son curiosa come una scimmia e se una cosa mi dicono che è vietata non so resistere, è più forte di me: si vede che vengo da un'altra generazione.

la censura sui manga

 

 

Quando muore Lucio Dalla mi dispiace tanto anche se non lo ascoltavo, non ho mai comprato un suo disco. Sono andata una volta a un concerto in un teatro, mi ci aveva portato una mia amica, una donnina piccola così, con due occhi grandi per guardare, ma quel tempo è finito e non torna indietro, mannaggia.
Il tempo è un bastardo è un libro che ho finito stamattina e parla di musicisti e di gente che si perde e poi si ritrova e si riperde. È un libro bellissimo, non c'è un difetto manco a voler essere stronzi per forza. Mi è piaciuto tutto: la forma, circolare, a racconti pieni di rimandi tra uno e l'altro, mi sono piaciuti i personaggi, formidabili, mi sono piaciute le storie ma soprattutto mi è piaciuta l'emozione che mi ha dato leggerlo. Di un racconto o di un romanzo di solito mi accontento che mi susciti un'emozione sola, questo invece me ne ha suscitate a dozzine. Anche solo il secondo racconto, per dire, almeno otto.

Con questo post inauguro una telenovela a puntate sulla teoria dello scrivere. Non prendere queste note come un dettato di regole, non vorrei metterle giù con questo spirito: io credo che le regole della scrittura vengano fuori a posteriori dai testi e non il contrario. Cosa sto cercando di dirmi? A culo le regole? Sì. No. Quello che vorrei fare è analizzare come e perché una certa scelta sintattica o grammaticale o strutturale o quello che vuoi funziona in un certo contesto meglio di un'altra, se riesce a veicolare quello che l'autore vuole trasmettere in un certo momento storico e se questo può essere efficace anche in altri ambiti e in altri momenti.
La lingua cambia, quello che valeva ai tempi del Manzoni non vale più adesso, non perché sia sbagliato ma perché nel frattempo qualcuno ha trovato modi diversi per dirlo, modi più vicini al sentire contemporaneo - dove contemporaneo può significare molte cose. (Per esempio: il punto e virgola è sparito dalla circolazione a tal punto che riesce a dare a un testo una connotazione accademica, tecnica o bizzarra e pure i due punti devono stare in campana: attenzione...)
Anche le correnti letterarie, i generi, gli stili, sono definiti a posteriori: Carver non sapeva di essere minimalista fino a che non gli è stato detto - e la cosa lo ha fatto abbastanza incazzare, non ne voleva sapere lui di essere etichettato, manco se l'etichetta era applicata a lui prima di chiunque altro e anzi era stata creata apposta.

la punteggiatura

Prima il mio racconto, poi il bando e per finire i miei commenti ai racconti di tutti: questa è la procedura standard e sta funzionando, quindi perché cambiare?

Di questo racconto posso dire che tenga duro signorina è il mio motto, la mia forza e la mia bandiera, se non lo sai, sally.

raymond queneau - il diario intimo di sally mara

Ho passato un periodo della mia vita senza ascoltare la musica. È stato un tempo molto lungo, anni e anni e non me ne sono accorta. In quei giorni ascoltavo poco anche le parole e anche di questo non mi accorgevo.

Stavolta sono stata veggente e sei anni fa ho predisposto quello che mi serviva proprio adesso: uno screenshot con l'esercizio direttamente dal blog originale, che ora manco a dirlo non c'è più! Poi c'è il mio racconto che si intitola Poi abbinato alla canzone di Dente Io tra di noi che conferma la mia lugimiranza, vedi nei commenti: ma lo sai che quest'anno, vale a dire nel 2018, Dente e Guido Catalano - che in questi anni hanno scalato la popolarità nei rispettivi settori musical-poetici, faranno un tour insieme? Roba da matti. E poi non dire che non te l'avevo detto.

A seguire i link originali, chi c'è c'è e chi non c'è più amen, una nuova edizione del video e tutti i commenti. (intro 7/01/2018)

Anche questa volta ho preferito mettere prima il racconto e poi l'esercizio di scrittura che lo giustifica, in questo caso si chiede di adottare un punto di vista speciale, vale a dire la prima persona plurale. Scrivere come "noi" non è tanto comune e nemmeno facilissimo, ma chi ha detto che a noi piacciono le cose facili? ;-)

 

giovani scrittori

Solo due parole sul naufragio della "Concordia" perché ci è capitato di ormeggiare proprio in quel piccolo specchio di mare, qualche anno fa, nell'ultima crociera sulla nostra barchetta - che per una strana fatalità ha trovato un destino simile in altre secche, ma questa è un'altra storia: delle volte non è abbastanza profondo il mare.
Avevamo passato la giornata davanti a una spiaggia vicino al porto, non ci avevano lasciato entrare nemmeno per poggiare un piede a terra: era agosto, era pieno, era dappertutto così. Il bagnasciuga brulicava di turisti color aragosta, il frastuono arrivava fino a noi. L'acqua era calda e limpida e rifletteva quello spicchio di cielo come in pochi altri posti al mondo.

Riporto un post di sei anni fa esatti, era il 4 gennaio del 2012 e posso dirmi abbastanza contenta del fatto che ci avevo preso in pieno! infatti le mie previsioni si sono avverate, il blog non è morto, quantomeno non è morto il mio, difatti siamo qui a dirlo, i social si sono dimostrati un buon veicolo promozionale, restituendo tanto quanto sembrava volessero prendere. Vero è che le discussioni oziose si sono spostate là, menomale, la mancanza di moderazione infatti apre le praterie alle mandrie scatenate dei bisonti da tastera, quelli che sanno scrivere ma non sanno leggere, insultano prima di pensare e vanno dietro a chi alza più polvere. Quello appena passato è stato l'anno della fakenews e delle prime denunce per ingiurie, qualche retromarcia si comincia a vedere con tanto di scuse scritte e divulgate, dunque vediamo come va.
Un'altra considerazione che mi viene dall'esperienza più attuale è notare come le immagini hanno preso il sopravvento sul testo, i miei piccoli lettori hanno il grilletto facile se si tratta di mettere like a una vecchia foto in bianco e nero, e anche a una nuova purché sia ironica e io accetti di prendermi un po' in giro, ma leggeranno quello che ci avevo scritto sotto? E senza la foto, cliccheranno? Vediamo cosa succede con questo post ;-)

È tradizione che nell'imminenza di capodanno si compilino liste di buoni propositi, di solito comprendono cose come dimagrire qualche chilo, fare ginnastica, smettere di fumare. Io non ci provo neanche. Potrebbero anche essere liste di cose da non fare, tipo prometto che non picchierò più i miei bambini e la mia vecchia madre. Non io: ho intenzione di picchiarli ancora almeno per una annata, poi vediamo.
E però una lista la vorrei fare. Poi la lascerò a casa, come faccio da sempre quando vado al supermercato, così posso controllare cosa mi sono dimenticata di comprare.

Anita giocava col meccano. Non era suo, l'avevano regalato a Luciano ma lui era ancora troppo piccolo, si stufava subito. A lei piaceva. Le vitine d'oro e i dadi quadrati soprattutto. C'erano delle piastre colorate, amaranto o verde scuro con i buchi rettangolari, c'erano le barrette d'argento con i buchi rotondi, c'erano dei pezzi piccoli ad angolo e soprattutto c'erano le ruote. Con le ruote si potevano fare le carrucole, c'era anche una manovella per farle girare.

Pensando a tutte le cose dette e scritte negli ultimi giorni sullo sguardo dell'artista, volevo mettere una citazione di una frasetta di Checov che mi ricordo più o meno a memoria, però visto che il libro da cui è tratta ce l'ho, si intitola Senza trama e senza finale, stavo tergiversando perché non avevo voglia di alzarmi dalla scrivania per andare a prenderlo sullo scaffale, ma la citazione la voglio mettere precisa, con tutti i punti al posto giusto.
Ho tentato una ricerca qui nel mio mac, mi pareva di averla già copiata da qualche parte, forse in una mail privata, forse su Anobii. Mah, forse mi ricordo male e sto sbagliando le chiavi.

Ieri mi sono fatta un regalo. Ho preso su me stessa e mi sono portata a vedere la mostra di Cézanne a Palazzo Reale.
Facciamo così, mi sono detta, scegliamoci un quadro, uno solo, e guardiamo quello e basta. L'avevo sentito la settimana scorsa nel programma di Fazio di guardare un quadro solo in un museo, di più non ha senso, aveva detto Daverio.
Ha ragione, avevo pensato.
Allora facciamo uno per uno, mi sono risposta, guardiamo due quadri non di più.
E così siamo andate.

 

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