testata camel

Una piccola forma di immortalità

Mia nonna quando è morta aveva gli anni che ho io adesso. Mi fa impressione pensare che tra poco sarò più vecchia di mia nonna, eppure è un fatto della vita.
Ho pensato molto a lei durante le operazioni del mio secondo trasloco - e due mi sono sembrati troppi - dicono che mia nonna ne abbia fatti quaranta in tutto, se è vero quello che si tramanda e se non era un’esagerazione di mia mamma: non posso garantire, magari ne ha fatti solo venti.
Adesso mia mamma non si ricorda più le cose, ogni tanto si dimentica anche che sua mamma è morta 50 anni fa e qualche volta mi ha chiesto di telefonarle, non posso saperlo da lei. Anche io comincio a perdere un po’ la memoria, lo ammetto: tempo fa ho sotterrato in giardino i bulbi dei fiori, non so più dove li ho messi e adesso che stanno spuntando è tutta una sorpresa  e devo guardare su una app certe strane foglie comparse nel prato (a parte i tulipani!) per sapere se le avevo piantate io. Ma un bel po’ delle case di mia nonna me le ricordo perché ci ho vissuto per settimane, da bambina.
(Bada che niente dei fatti che ti sto per raccontare potrà essere convalidato, non c’è più nessuno a parte lo Zio Carluccio: vuoi chiedere a lui? Se fosse tutto vero sarebbe una testimonianza, ma metti in conto che potrebbe trattarsi di finzione letteraria.)

Chiarisco subito il concetto: il risultato zero è una cosa bella perché viene prima del risultato uno.

Detto questo non ho detto ancora niente perché va capito qual è il campo di gara, chi sono i concorrenti e in cosa consiste il premio: per proseguire nella metafora competitiva, il risultato zero si rappresenta nello spazio più in alto del gradino più alto del podio, se potesse esistere un gradino più elevato di quello più alto - e se questa ipotesi non andasse a confliggere con i principi della logica, della grammatica e del buon senso.

Le mutande della Zina

La Zina è rimasta con noi solo pochi mesi e poi è sparita nel nulla come tutte le altre tate che abbiamo avuto, si vede che a un certo punto veniva il vento del nord e le portava via, grasse e magre, giovani e vecchie, belle e brutte. La Zina era di quelle brutte, povera lei, forse la più brutta tra le brutte. Sembrava vecchia ma solo perché aveva una faccia da strega, col naso adunco, la bazza a punta, occhi piccoli e cerchiati di nero, pochi denti in bocca e buttati là a casaccio, i capelli di stoppa, magra, piccola, storta e con le gambe a ics: magari aveva trentacinque anni ma a me sembrava una megera, la modella che Walt Disney aveva usato per far disegnare la strega di Biancaneve.

Tutti i bambini giocavano in strada

Dopo pranzo mi sono fatta prestare il cane e sono andata a fare una passeggiata. La giornata era ancora abbastanza bella anche se a nord, verso viale Zara e piazzale Istria, il cielo ha preso un blu più scuro, come a minacciare un temporale.

Sono le due del pomeriggio e non c’è nessuno, tutte le strade intorno a casa mia sono silenziose, pochissimi pedoni e nessuna macchina. Viale Marche, via Cagliero, via Melchiorre Gioia vuote. Nemmeno con mezzo metro di neve c’era questo silenzio, solo un cane che abbaia lontano.

Ho sempre abitato qui, il quartiere è cambiato poco da quando ero bambina: ho visto costruire qualcuna di queste case ma la maggior parte era già qui tale e quale, come questa foto che potrebbe essere d’epoca, se non fosse per la marca delle auto parcheggiate.

Mio papà aveva una mille e tre bianca e la parcheggiava davanti a casa. Forse ne ho già parlato in qualche vecchio raccontino della domenica? Noi andavamo giù a giocare e la strada era quasi vuota come oggi.

Quando ero in prima elementare sono stata tre settimane in isolamento all’Ospedale di Niguarda, è un ricordo indelebile che affiora in questi giorni per via della parola isolamento che quella volta sentivo ripetere, non sapevo cosa volesse dire ma a istinto non mi ispirava per niente. Avevo la scarlattina, una malattia che oggi si cura in cinque giorni ma a quei tempi non avevano ancora inventato le medicine adatte, pensa che non c’era nemmeno internet e la televisione era in bianco e nero.

Sono stata in isolamento 20 giorni allospedale

#accessibilità è l’hashtag preferito da Donato Matturro: è fondamentale guardare al futuro, non solo per le istituzioni no profit ma anche per le aziende che operano nel digitale, quello che oggi rappresenta una best practice ristretta a pochi, domani sarà lo standard per tutti.

L’accessibilità digitale è un cancello che deve essere aperto per tutti: per offrire informazione, opportunità lavorative e networking a quella fascia di popolazione svantaggiata da qualche deficit sensoriale che attualmente rappresenta circa il 10% degli utenti del web, percentuale destinata ad aumentare con l’invecchiamento demografico e la diffusione della tecnologia digitale a tutti gli strati sociali.

Donato Matturro Presidente di Joomla Lombardia

Donato Matturro Presidente di Joomla Lombardia - ritratto di Lorenza Luzzati

Accessibilità digitale cose che si fanno a monza e altri miracoli

Venerdì scorso c'è stato il convegno che ho contribuito a organizzare, era una iniziativa della Giornata Mondiale dell'accessibilità digitale, GAAD, Global Accessibility Awareness Day. Anche se sapevo molto bene di cosa avremmo parlato, dato che ho curato l'agenda insieme a Donato e conoscevo i contenuti degli interventi, anche questa volta ho trovato tutto molto emozionante. Ma non è di questo che parla questo post

si parla tanto di storytelling l

Ho tenuto un corso di story telling per i soci dell'Associazione Obiettivo 50, è stata un'esperienza di grande soddisfazione, le persone intervenute mi sono sembrate interessate e partecipi, il dialogo che si è creato è stato vivace e molto produttivo.

Fare siti web mi piace ancora dopo 20 anni

Prima che questo 2018 finisca voglio ricordare uno dei miei primi progetti web: si tratta del sito del magazine Assicura, uscito insieme al primo numero della rivista di carta a febbraio del 1998: qui sotto si può vedere la prima pagina che traggo dalla macchina del tempo dei siti web, prova a vedere questo link, è ancora navigabile!

Nella prima parte di questo articolo rispondo alla domanda Cos'è un blog, ipotizzo che Zuckerberg sia un seguace di Mao Tse-tung e racconto come il blog si sia evoluto nel tempo da diario più o meno intimo a strumento che professionisti e imprese possono utilizzare efficacemente per comunicare con il proprio target; nella seconda parte espongo le mie ragioni sul perché aprire un blog aziendale o professionale, in particolare usando Joomla!; nella terza parte spiego passo passo come creare un blog in Joomla! e gli eventuali accessori consigliati per renderlo pienamente funzionante.

EDIT del 3 febbraio 2019 (data originale del post 25 Febbraio 2018)
Aggiungo un buon motivo per creare un blog invece che affidarsi ai social networks: facebook ha la memoria di un pesce rosso, è come una specie di pozzo senza fondo e tutto quello che ci metti ha la stessa vita breve di una farfallina all'inizio dell'estate: conosci la storia delle effimere? le Ephemeroptera adulte non hanno nemmeno la bocca per nutrirsi perché non fanno in tempo, vivolo solo dalla mattina alla sera. Ah, la natura! Invece i post che metti nel tuo blog sono conservati per sempre nella pancia di google, gli puoi cambiare casa, puoi dargli una ripitturata ogni tanto ma i tuoi lettori presenti, passati e futuri li troveranno sempre lì. E dico blog per dire sito web in genere: sto per mettere on line la terza versione di un sito che è nato nel 2002 e c'è ancora tutto!

come creare un blog in joomla

Cos’è un blog?

Un blog per prima cosa è un sito web, sembra una banalità ma è un aspetto che va tenuto in considerazione fin dal principio se si vuole essere trovati dai motori di ricerca.
Per dirla meglio, un blog è un sito web che presenta i contenuti in ordine di data con uno spazio per i commenti. Questa è la caratteristica sufficiente e necessaria per definire un blog, tutto il resto sono accessori utili o dilettevoli ma non fondamentali. È importante definire il blog in questo modo perché nell’immaginario generalista spesso capita che venga confuso il contenitore con il contenuto, pensando al blog come se fosse solo un diario adolescenziale, brufoloso e letto da pochi intimi. Può essere anche questo, ma il fenomeno del blog deve la sua fortuna soprattutto al fatto che prevede una forma di interattività tra chi scrive e chi legge, e questo aspetto ha rivoluzionato la comunicazione alla fine del secolo scorso, trasformando il web in uno strumento mediatico a doppio senso, molti a molti, in una società abituata da secoli alla comunicazione uno a molti, almeno dai tempi di Gutenberg.
Il fatto che il blog possa prevedere i commenti fa di lui un progenitore dei social networks, in particolare del social generalista più frequentato di questi anni. Immaginate di guardare una fan page di Facebook e siete sulla buona strada: nella colonna centrale è presente un flusso di articoli, ciascuno con un titolo, una immagine (o un contenuto multimediale) e un testo, uno spazio per i commenti e per le reazioni dei lettori, nella parte superiore una immagine significativa e nelle colonne laterali una serie di informazioni aggiuntive. Ecco, questo è un blog!
Sostanzialmente il blog non differisce molto da una fan page di Facebook, la differenza salta all’occhio però quando si cerca di personalizzare l’esperienza utente del proprio spazio su Facebook: semplicemente non si può, tutto è stato già deciso: dalla grandezza dei font al colore dello sfondo, non si possono nemmeno impostare attributi tipografici come il grassetto e il corsivo. In questo facebook pratica l’uguaglianza assoluta tra i membri, in cambio offre l’appartenenza alla più grande comunità del mondo.
Ma allora Zuckerberg è un po’ come Mao Tse-tung! Sì, ma più ricco.

Il blocco dello scrittore non è un notes per scrivere la brutta dei romanzi e beato te se non lo sapevi.

Il blocco dello scrittore è un fastidioso impedimento che può manifestarsi anche a chi non è affatto uno scrittore ma tuttavia deve o vuole scrivere per i più svariati motivi: una relazione o una lettera, un post del blog o i contenuti per il proprio sito, una comunicazione interna, i testi per una presentazione.
il blocco dello scrittore può paralizzare chiunque davanti alla pagina bianca, che sia un vero e proprio foglio di carta che si può stracciare e appallottolare per vendetta, o digitale, con quell’odioso cursore che pulsa evidenziando la sconfitta della capacità creativa umana nei confronti della macchina impietosa.

Il blog della Donna Camèl – scrivere, giocare

Il blog della Donna Camèl è nato alla fine dell'estate 2006 su una piattaforma gratuita che negli anni ha cambiato nome e proprietari: ci sono capitata per una serie di circostanze fortuite e perché tutti i miei amici erano già lì. Poi loro sono andati via e io sono rimasta, irriducibile, a parlare di scrittura creativa, a proporre esercizi e racconti. Ci ho pubblicato pure un romanzo a puntate, un momento di impagabile intimità con i miei lettori.
Infine mi sono decisa a traslocare anch'io, lo porto qui a casa mia, se non tutto tutto la maggior parte. Non so quanto ci metterò, son più di 1000 articoli e li sposto con cura uno a uno, ma ho pazienza e la voglia di lavorare non mi manca: comincio oggi che è un lunedì ed è il 24 luglio 2017.

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#A11YDays Donato Matturro e Nicola Galgano agli accessibility days all'Istituto dei ciechi di Milano con l'intervento dal titolo Joomla! 4.1 - La nuova versione del CMS accessibile anche in fase di sviluppo
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Il cielo della Brianza è grande quasi come il cielo della Norvegia #24aprile
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Una piccola forma di immortalità dlvr.it/SMMcrv

Scrivere, giocare

scrivere è il mio gioco preferito

"Scrivere è il mio gioco preferito" il mio motto è piaciuto anche all'amica Freevolah che l'ha interpretato così su Instagram.

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