In questo post si parla dei famosi 40 consigli su come scrivere bene attribuiti a Umberto Eco, ma prima lasciami dire che ieri sera sono andata a vedere il poeta professionista Guido Catalano e il cantautore Dente al castello sforzesco di Milano. Che c'entra con Umberto Eco? Diranno i miei piccoloi lettori: Guido non ha nemmeno letto Bum bum bum, quella poesia che amo molto in cui prende Umberto Eco come unità di misura del suo amore! non importa, lo spettacolo mi è piaciuto molto, soprattutto perché tutti e due hanno cominciato con i pezzi vecchi che sapevo a memoria, e poi essere lì al Castello mi ha ricordato quella strana festa laica che si era svolta proprio qui, quando gli amici di Umberto Eco raccontavano barzellette al suo funerale: io c'ero e l'ho anche scritto qua e là.
(La foto è mia e si riferisce allo spettacolo di ieri sera, son contenta che sia piaciuta così tanto al media manager di Guido che l'ha messa anche su instagram, oltre che su facebook: se posso essere utile mi fa piacere).
Questi 40 consigli girano in rete almeno dal 2007, che è la data in cui avevo scritto i post originali sul vecchio blog, e a dirla tutta non posso garantire che siano stati scritti davvero da Umberto Eco, forse sono apocrifi e gli sono stati attribuiti per aumentarne l'autorevolezza. Di certo sono verosimili, per una serie di motivi, almeno tre:
- Umberto Eco amava le liste, questo è risaputo,
- il tono è ironico, e questo gli si addiceva di sicuro
- i consigli sono perfetti per chi deve scrivere, se non li ha scritti lui l'ha fatto qualcuno che sapeva il fatto suo.
Per amore di verità - e per aggiungere un contributo mio a questa lista che è ancora ampiamente condivisa dappertutto - ho voluto andare in fondo alla cosa: se è vero che i 40 consigli per scrivere bene sono di Umberto Eco, quando li avrebbe pubblicati, e dove? Ho cercato un po' su internet e nel mio archivio privato e li ho trovati, sono stati pubblicati in una Bustina di Minerva, dove se no? la rubrica che per molti anni Eco ha scritto per l'Espresso, sulla mia edizione è indicato solo l'anno e non la data precisa: 1997, ovviamente poi sono stati riportati anche nelle successive edizioni del volume di Bompiani che ha raccolto tutti questi brevi articoli.
Prima di sciorinare l'intera lista, a questo punto mi prendo quella originale, mi diverte riportarne la premessa, come volevasi dimostrare!
I 40 consigli di Umberto Eco su come scrivere bene
(Da La bustina di Minerva - 1997)
Ho trovato in Internet una serie di istruzioni su come scrivere bene.
Le faccio mie, con qualche variazione, perché penso che possano essere utili a molti, specie a coloro che frequentano le scuole di scrittura. (Umberto Eco)
- Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
- Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
- Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
- Esprimiti siccome ti nutri.
- Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
- Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
- Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.
- Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
- Non generalizzare mai.
- Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
- Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu. ”
- I paragoni sono come le frasi fatte.
- Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
- Solo gli stronzi usano parole volgari.
- Sii sempre più o meno specifico.
- La litote è la più straordinaria delle tecniche espressive.
- Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
- Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
- Metti, le virgole, al posto giusto.
- Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
- Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
- Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
- C’è davvero bisogno di domande retoriche?
- Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe - o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento - affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
- Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
- Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
- Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
- Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
- Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
- Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.
- All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
- Cura puntiliosamente l’ortograffia.
- Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
- Non andare troppo sovente a capo.
Almeno, non quando non serve. - Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
- Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
- Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
- Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva - ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica - eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.
- Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
- Una frase compiuta deve avere